PRANA – IL RESPIRO DELLA MATERIA, LA LUCE DELLA COSCIENZA N.2

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Il termine prana, dal sanscrito prāa (devanāgarī: प्राण), significa letteralmente «vita» e in seconda istanza viene inteso come «respiro» e «spirito».[1]

Secondo la fisiologia induista, tutti gli esseri viventi, in quanto tali, sono dotati di prāa, la cui conservazione deriva dal corretto svolgimento di tutte le funzioni psicologiche, emotive e fisiologiche necessarie al mantenimento armonico dell’equilibrio interiore.

Secondo tale filosofia, uno dei modi più evidenti attraverso cui gli esseri viventi ottengono prāa è dato dalla respirazione che veicola, oltre all’ossigeno (elemento grossolano) anche la vitalità (elemento sottile) che traiamo dall’aria.

Nello yoga e nelle tecniche di guarigione indiane la capacità di saper padroneggiare il respiro (pranayama) assume un ruolo fondamentale, poiché attraverso la consapevolezza questo esercizio consente di controllare e regolarizzare eventuali squilibri e disfunzioni dell’organismo, in particolare tra corpo e psiche, ristabilendo la salute spirituale nella sua interezza, in un’ottica olistica.[2]

Nella cultura cinese e giapponese il concetto con significato corrispondente al prana rientra nell’accezione di Ki, mentre in quella europea è identificabile con il termine pneuma.[3]


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